Diritti del malato e responsabilità sanitaria

La quarta sezione della Cassazione Penale (sentenza n. 37617 del 2021), ha ribadito il diritto del malato ad ottenere le prestazioni mediche più appropriate: « La giurisprudenza della Corte di legittimità è chiara nell’affermare che il rispetto delle “linee guida” …. nulla può aggiungere o togliere al diritto del malato di ottenere le prestazioni mediche più appropriate né all’autonomia ed alla responsabilità del medico nella cura del paziente>>.

Il diritto del malato, se ben interpretiamo, discende dall’articolo 32 della Costituzione: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti ».

Sembra quasi esistere per i giudici della Suprema Corte una dicotomia tra le linee guida e le prestazioni mediche più appropriate.

Invero si potrebbe scorgere tale dicotomia quando viene ricordato ai medici che le risorse finanziarie disponibili non sono infinite e devono essere usate in base al principio dell’economicità: «Il Servizio sanitario nazionale assicura, …. , i livelli essenziali e uniformi di assistenza .. nel rispetto dei principi della dignità della persona umana, …. nonché dell’economicità nell’impiego delle risorse» specificando in più che il Servizio Sanitario Nazionale non assicura le prestazioni che « …. non soddisfano il principio dell’economicità nell’impiego delle risorse ». In pratica viene ricordato continuamente ai medici che devono porre attenzione alla spesa sanitaria.

I giudici sembrano voler totalmente ignorare ogni contrasto tra l’impiego delle risorse in economia e il diritto insopprimibile alle cure, non provvedendo né a suggerire la necessità di qualche correzione legislativa, né ad ipotizzare alcuna incostituzionalità, ma in concreto sembrano voler scaricare ogni responsabilità sul medico, “lasciandogli in mano il cerino accesso”.

Nel condannare la condotta del medico per aver troppo precocemente dimesso una paziente, i giudici infatti affermano che: « il formale rispetto delle linee guida vigenti presso il nosocomio non poteva (e non può) considerarsi esaustivo ai fini dell’esclusione della responsabilità del ginecologo ….. », pertanto, «non può dirsi esclusa la responsabilità colposa del medico in riguardo all’evento lesivo occorso al paziente per il solo fatto che abbia rispettato le linee guida, comunque elaborate, avendo il dovere di curare utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui al tempo la scienza medica dispone”. Brevemente le linee guida erano state adottate dall’Azienda Ospedaliera, ed avevano, verosimilmente, un forte carattere di economicità prevedendo la dimissione entro pochi giorni.

I giudici affidano al medico per intero uno spazio valutativo, nel perimetro del quale egli in solitudine è chiamato a individuare l’agire doveroso. Questo agire doveroso sarà poi valutato a tavolino da periti che – partendo da un evento evidentemente infausto, solo i danneggiati possono adire il tribunale – non saranno costretti ad usare linee guida, prove scientifiche con elevato standard di qualità, etc, ma forniranno per lo più opinioni che sembreranno plausibili alla luce dell’evento infausto verificatosi.

E non sarà affatto valutato che per il medico quelle linee guida, pur se elaborate solo all’interno dell’azienda presso cui svolge il lavoro, rappresentino la migliore pratica assistenziale possibile nel caso specifico sulla base di prove scientifiche, citate all’interno di quelle linee guida, pur se basate anche sulle risorse disponibili.

Ciò pare inaccettabile per il medico e, aggiungiamo, anche per il paziente, per una buona assistenza sanitaria.

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