Un caso di malasanità coperto da malagiustizia (?)

riportato dai giornali di cronaca di Vicenza.

 

Anche il più “scalcinato ospedale” avrebbe evitato l’ictus con una semplice fibrinolisi

 

 

Dai giornali di cronaca di Vincenza apprendiamo che un ex senatore della Repubblica Italiana, avvocato penalista di Vicenza, e professore universitario, ha deplorato un episodio di “malasanità coperto da malagiustizia”. Coinvolti sono medici, periti, pubblici ministeri, giudici del Tribunale di Vicenza e Trento.

Riassumiamo la vicenda come riportato da articoli dei giornali (disponibili ad ogni correzione come voluto dai protagonisti).

L’ex senatore riferisce che le sue condizioni sarebbero state sottovalutate quando, accolto dal pronto soccorso dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza alle ore 16 del 31 ottobre 2015 per un malore, fu ricoverato nella “Stroke Unit”, colpito da un ictus che gli provocò un’emiparesi, con falsificazione della cartella clinica (riferisce che gli furono praticate iniezioni non ordinate dai medici, riscontro di uno spaventoso aumento della pressione arteriosa, etc).

In sostanza l’ex-senatore accusa di aver varcato la soglia dell’Ospedale di Vicenza camminando sulle sue gambe, uscendone su di una sedia a rotelle perché metà del corpo era stato paralizzato da un ictus causato dalla inadeguatezza delle cure fornite dal nosocomio vicentino, evento che avrebbe potuto essere evitato con una metodica medica alla portata anche del più scalcinato ospedale di provincia, ossia con una fibrinolisi ottenuta mediante un farmaco ad hoc”.

Dopo la presentazione di un esposto “per denunciare i medici che avrebbero omesso di somministragli i farmaci fibrinolitici, che avrebbero scongiurato l’esito nefasto dell’ictus” la Procura Vicentina, dopo un giro tortuoso su varie scrivanie, secondo le sue denunce successive, incaricò due periti veronesi che non rilevarono profili di inadeguata assistenza, scagionando i medici che lo avevano tenuto in cura, pare sostenendo che la terapia fibrinolitica non poteva essere praticata per il motivo “che si era chiusa la finestra temporale utile giacché si erano fatte le otto, le otto e mezzo della sera”. Egli replica che: “… quel maledetto 31 ottobre del 2015 io entrai in reparto alle 16 circa. Ergo, questi signori hanno avuto ben quattro ore o giù di lì per somministrarmi quello stramaledetto farmaco”. E quindi l’ex senatore “non si arrende, fa opposizione sostenendo che i periti mentano.

Il giudice delle indagine preliminari di Vicenza nomina ulteriori periti. Questi nuovamente non individuano responsabilità sostenendo che non sarebbe stato possibile praticare la fibrinolisi per la incompatibilità con altro farmaco in corso di somministrazione (non sappiamo quale, ndr), che l’ex senatore afferma di non aver mai assunto.

L’ex senatore si rivolge ad altro consulente, professore dell’Università di Ancona che, a suo dire smentisce la tesi dell’incompatibilità in una memoria, pare inviata per posta elettronica, richiamando le linee guida del Ministero della Salute. Tale smentita sarebbe sparita dal fascicolo.

L’ex senatore rferisce di aver registrato colloqui con uno dei suoi periti medici, durante i quali questi avrebbe affermato che: “….. parlando coi periti della controparte questi gli confidarono che avevano ricevuto pressioni in alto loco per salvare l’ospedale anche se questo aveva torto». “Interrogato da un ispettore di Polizia quel perito ammise di aver detto quelle parole, ma giustificò di averle dette perché lo aveva visto affranto. Sarebbe intervenuto anche il capo della polizia vicentina ad insabbiare tutto”.

Quindi l’ex senatore presenta un nuovo esposto, stavolta al Tribunale di Trento competente nei confronti dei magistrati vicentini con l’accusa di abuso d’ufficio e omissione di atti d’ufficio.

L’ex senatore nelle sue interviste ai giornali locali racconta anche di un episodio in cui in udienza gli fu impedito di essere accompagnato dal suo assistente, e negato la possibilità di registrare l’udienza. a porte chiuse, ho deciso di denunciare anche il giudice delle indagini preliminari.

L’ex senatore presenta poi un ulteriore esposto di venti pagine al Consiglio Superiore della Magistratura, al Ministero della Salute e alla giunta regionale del Veneto, nel quale accusa tutti coloro che tra personale medico e magistrati (sia pubblici ministeri che giudici delle indagini preliminari) hanno in qualche modo omesso di accendere i riflettori sulle malefatte di quella che l’avvocato etichetta come «mafia dei camici bianchi». Inoltre si dice pronto a sollevare il caso sino alla Corte di giustizia europea.

Gli atti fanno poi “la spola tra la la procura Vicentina e quella di Trento” perchè i fascicoli vengono intestati ad ignoti, (la competenza sarebbe della Procura Vicentina), ma per la presenza di nomi precisi, inclusi quelli dei magistrati in servizio a Vicenza, la competenza è della Procura di Trento. Nel frattempo i giudici si alternano, e qualche giudice si trasferisce da Trento a Vicenza e viceversa. Alla fine un giudice scagiona i magistrati vicentini per l’accusa di abuso d’ufficio, ma rinvia a giudizio quattro magistrati vicentini, nonostante la richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero trentino, con l’accusa di omissione di atti d’ufficio, per non aver effettuato gli accertamenti richiesti dal professore sulle condotte assai incongrue sia del personale medico del San Bortolo, sia dei periti incaricati dalla magistratura vicentina, e per le lungaggini negli accertamenti compresa la incontrovertibile vicenda della derubricazione del fascicolo aperto sulla denuncia del penalista vicentino verso ignoti nonostante quest’ultimo avesse individuato precise responsabilità citando nomi precisi e circostanze precise. Tutti gli indagati professano la loro estraneità nei confronti di ogni addebito, la bontà della loro condotta, ed il pieno rispetto delle leggi.

Fonti

Malasanità, 23 maggio su VicenzaToday
Malasanità, incriminati per falso consulenti e medici
Malasanità, magistrati davanti al GIP
Insabbiate denunce contro S. Bortolo

penalista porterà le toghe di Vicenza e Trento davanti alla Corte europea.

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Una risposta a Un caso di malasanità coperto da malagiustizia (?)

  1. Renato scrive:

    Desideriamo prima di tutto fare i migliori auguri all’ex senatore.
    Senza voler giudicare questa complessa mi pare sicuramente un caso di malagiustizia. E’ stato evidentemente leso il diritto di essere giudicato davanti ad un Tribunale indipendente e imparziale entro un tempo ragionevole, e si sta parlando di un ex senatore.
    Sorprende apprendere che è tranquillamente possibile per i giudici trasferirsi tra sedi giudiziarie che sono deputate ad indagare una sull’altra.
    E’ purtroppo abbastanza comune attribuire l’origine dei propri mali ai medici ed alle strutture sanitarie, ma in vero, sommessamente, l’ictus è dovuto in larga parte ad abitudini di vita (come il fumo, lo stile di vita, etc) che non derivano da prescrizioni mediche. La terapia medica riesce a ridurre gli esiti dell’ictus con la fibrinolisi nel 30-55 % dei pazienti trattati. Il che significa che, purtroppo un’altra buona percentuale di pazienti non beneficia affatto del trattamento. In sostanza se praticata entro 90 minuti trattando 4 pazienti, si vedrà un beneficio clinico in un paziente. A questo va aggiunto che solo il 30-40 % dei pazienti sono potenzialmente eleggibili per la fibrinolisi. Quindi non è affatto sicuro che anche il più “scalcinato ospedale” avrebbe evitato gli esiti dell’ictus con una semplice fibrinolisi. Dal racconto emerge invece la presenza di un grave stato ipertensivo, che aumenta notevolmente il rischio della principale complicanza della fibrinolisi, l’emorragia cerebrale sintomatica, incrementando il rapporto rischio/beneficio.

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