Una frase riportata nella sentenza del processo penale a carico di Massimo Bossetti per il terribile omicidio di Yara Gambirasio, uno dei processi che ha diviso l’opinione pubblica tra colpevolisti e innocentisti, seppur riguardi un aspetto apparentemente secondario, lascia perplessi. A pagina 56 è scritto:
<< Un primo studio si concentrava sui campioni denominati 31-G1 Est, 31-G1 Int e 31-G18 73 contenenti il profilo nucleare denominato Ignoto 1 ed estratti, rispettivamente, da una porzione di tessuto esterno ricoprente l’elastico dello slip, una porzione di tessuto interno ricoprente l’elastico dello slip, una porzione di tessuto dello slip e sul campione 32-3, contenente il solo profilo di Yara estratto dal reggiseno, e consentiva di stabilire, in via del tutto sperimentale, trattandosi del primo esperimento del tipo su DNA ottenuto da reperti e non da campioni di laboratorio, nella percentuale dell’1,1% la probabilità che il profilo di Ignoto 1 appartenesse ad un soggetto con gli
occhi marroni, del 94,5% la probabilità che appartenesse ad un soggetto con occhi chiari (azzurro, verde, grigio) e del 4,5% la probabilità che appartenesse ad un soggetto con occhi di colore intermedio 74>>.
In sintesi dal profilo del DNA nucleare di Ignoto 1, (il presunto assassino di cui è stato ritrovato il DNA nello slip che indossava Yara), si predice il colore chiaro degli occhi dello stesso. Questa predizione rafforza entrambe le supposizioni: è Bossetti l’assassino ed è corretta l’analisi del DNA.
Ora riguardando le percentuali emerge che 1,1 (occhi marroni), + 94,5 (occhi azzurri, verde, grigio) + 4,5 (occhi di colore intermedio) fa 100,1% ! Questo imperdonabile errore, che non sappiamo se fosse presente nella relazione tecnica genetica su cui si basa quella frase, pare confermare l’assenza di qualsiasi oggettivo giudizio critico.
In vero la fenotipizzazione forense del colore degli occhi si avvale di almeno quattro metodi per prevedere il colore degli occhi dal DNA (IrisPlex, Ruiz, Allwood e Hart). Le percentuali fornite da questi metodi hanno altro significato, e cioè quanti soggetti classificati come portatori di occhi chiari in base al DNA avevano in vero gli occhi chiari, e quanti di quelli classificati come occhi chiari dal test genetico, avevano invece gli occhi intermedi o scuri. L’errore dei metodi deriva verosimilmente sia dalla influenza di altri geni non ancora conosciuti, ma anche dalla difficoltà di identificare occhi chiari, soprattutto in confronto a quelli intermedi.
Quindi più propriamente possiamo affermare che la determinazione del colore degli occhi con questi metodi avrebbe una sensibilità (capacità di dare un risultato positivo quando l’ipotesi è vera, del 94.5% ad esempio), e non che la probabilità di avere occhi chiari avendo quei geni sia del 94.5%.
Lascia ancor più perplessi un’altra affermazione sempre riportata nella sentenza, a pagina 79: <<Una compatibilità con ordine di grandezza di dieci alla meno ventisette, che significa che per avere un soggetto che possa avere lo stesso DNA di Ignoto 1 o dell’imputato sarebbe necessaria una popolazione mondiale di due miliardi di miliardi di miliardi di soggetti nella popolazione. Per cui da qui deriva l’unicità del profilo di Ignoto 1 confrontato con quello dell’imputato>>.
La corrispondenza del DNA viene valutata in genere attraverso l’analisi di tredici brevi ripetizioni in tandem del DNA. Il consulente ha dato per certo che sia stato proprio il Bossetti a lasciare la traccia del DNA sugli slip, perché per avere un soggetto con DNA identico, sarebbe stata necessaria una popolazione mondiale di due miliardi di miliardi di miliardi di soggetti.
A noi pare che in vero il consulente non ha fatto buon governo del calcolo delle probabilità e delle prove scientifiche basate sull’evidenza.
Quella probabilità stimata dal consulente dell’esistenza di un soggetto, non gemello omozigote, con DNA identico a quello di Ignoto 1, che però non ha lasciato quella traccia del DNA sugli slip, è quella del “falso positivo”. Quindi la probabilità che ci possa essere un altro soggetto positivo all’analisi delle tredici brevi ripetizioni in tandem del DNA (cosiddetto falso positivo) perché avente DNA identico, pur non essendo gemello omozigote, sarebbe di uno su due miliardi di miliardi di miliardi.
In vero il falso positivo all’esame del DNA può manifestarsi anche per errori insiti nella metodologia del test, (prelievo, conservazione, contaminazione, etc) che appaiono molto più concreti e reali, oltre che per l’esistenza di un’altra persona con DNA identico a quella del reperto forense, che a colpo d’occhio appare in vero abbastanza remota se non sono gemelli omozigoti.
Il test può riconoscere come identico un DNA che in vero non lo è. Ricordiamo che viene analizzata una piccolissima parte del DNA, e non l’intero filamento.
Quindi, trascurando la possibilità che l’analisi del DNA possa dare esito negativo pur se il DNA è identico (falso negativo), può succedere che venga identificato come identico al DNA di Ignoto 1, un DNA che in vero non lo è, magari solo molto molto simile, per la presenza dell’errore.
Volendo comunque ritenere che l’errore può essere dovuto solo alla presenza di un individuo con DNA identico a quello di Bossetti, pur non essendo gemello omozigote, vi sarebbe comunque, a dire del consulente, una possibilità di un falso positivo, pur se su ogni due miliardi di miliardi di miliardi di analisi.
Se abitassero sulla terra un tale numero di persone, esisterebbe dunque una persona che risulterebbe positivo al test del DNA (falso positivo) poiché con DNA identico a quello di Ignoto 1, che però non ha lasciato la traccia di DNA sugli slip.
Quindi il risultato finale che darebbe il test, stimato su tutti quegli ipotetici abitanti della Terra, è due positivi al test: un falso positivo (quello che non ha lasciato la traccia) ed un vero positivo (quello che ha lasciato la traccia).
Sulla sola base del test del DNA ciascuno dei due positivi ha la stessa probabilità di essere colui che ha lasciato la traccia: 1 su 2 totali, (il 50%). Quindi il calcolo delle probabilità non depone affatto che quel test sul DNA sia una prova schiacciante, anzi la probabilità che il Bossetti abbia lasciato la traccia del suo DNA sugli slip sulla base del solo test del DNA sarebbe verosimilmente intorno al 50 % !
In vero non esiste sulla Terra un numero di due miliardi di miliardi di miliardi di soggetti, numero molto molto maggiore di tutti gli abitanti della Terra, pur sommati dalla sua creazione ad oggi e nel futuro.
Tale numero, apparendo solo come un dato ipotetico, e non un dato concreto, come le sei facce del dado, le 40 carte del mazzo, etc., rende incongruente il calcolo della probabilità, ma non il verificarsi dell’evento “falso positivo”.
Non sappiamo come il consulente sia arrivato al computo di quel numero. Verosimilmente è stato estrapolato da un irreale calcolo matematico senza possibilità di evidenza scientifica. Esso somiglia al calcolo del numero dei nostri antenati (da 2 a quattro, a otto, a sedici e via discorrendo). Ripercorrendo indietro nel tempo potremmo arrivare ad un numero di antenati notevolmente superiore al numero di abitanti sulla Terra, quando invece al contrario le teorie scientifiche più accreditate ci insegnano che deriviamo tutti da un’unica coppia di antenati.
Quindi l’approccio logico utilizzato per effettuare quel calcolo non può che essere sbagliato.
Da una lettura maliziosa e “smaliziata” dei diversi annunci della Procura riportati nelle cronache di aver trovato quello che nel corso delle indagini sono diventati il padre biologico, il fratello, etc, per la presenza di alibi inconfutabili (erano morti, vivevano all’estero, etc) appare probabile siano stati etichettati più falsi positivi sulla base del DNA. Se ciò fosse vero il test del DNA avrebbe un numero di falsi positivi maggiore di 1 su 25.000, il numero di persone su cui è stato effettuato il test.
In definitiva pur essendo il test del DNA molto ben performante, se la ricerca della corrispondenza del DNA viene fatta su tutta la popolazione, la probabilità che la persona che ha lasciato la traccia del DNA sugli slip sia Bossetti è verosimilmente inferiore al 50%, e che non lo sia non è affatto di uno su miliardi di miliardi di miliardi. Diversa valenza avrebbe avuto il test del DNA se si fosse partiti invece dal farlo su coloro che hanno avuto contatto con la vittima, essendo questa una popolazione definita di contatti.